STREGHE IN LIGURIA

STREGHE IN LIGURIA

Una approfondita documentazione scientifica sulla stregoneria ligure del XVII secolo non beneficia di una ricca storiografia. La maggior parte degli studi in realtà si concentra su un solo famoso processo, quello di Triora svoltosi alla fine del XVI secolo. Un analisi del processo è stata fatta da Morgana Clinto, studio riportato in Storia e dossier n. 140, luglio-agosto 1999, quindi in realtà su una rivista divulgativa, non scientifica.

Siamo nel 1588 e da più di due anni Triora è colpita da una carestia. Seguendo un modus operandi usuale la popolazione andò alla ricerca di un capro espiatorio, di una causa/persona ritenuta all’origine del male, ovvero di una fattucchiera o di una strega che con la loro magia nera avrebbero portato la fame nel paese. La popolazione decide di chiamare l’Inquisizione ed è così che a metà luglio dello stesso anno, da Genova, si reca a Triora Girolamo del Pozzo, vicario del vescovo di Albenga. Vengono arrestate e sottoposte a tortura una ventina di persone con l’accusa di stregoneria, come da prassi secondo il Malleus. La prima a morire per i tormenti è Isotta Stella, una donna sui sessant’anni. Prima di morire fa il nome di altre complici, accusando anche donne appartenenti a famiglie importanti.

In vista di queste gravi accuse il paese riunisce il Consiglio degli Anziani e scrive al doge  e ai governatori di Genova accusando l’inquisitore di mandare in rovina il paese. Il doge di Genova esorta il vescovo di Albenga a indagare sull’operato di Del Pozzo. Quest’ultimo spiega che le donne sono morte per causa loro. Isotta si era rifiutata di convertirsi ed era morta invocando il diavolo, mentre la donna morta perché si era gettata dalla finestra,era stata tentata dal diavolo, ma alla fine, prima di morire, si era rimessa alla misericordia di Dio. Alla fine Del Pozzo nega di voler agire contro le donne accusate appartenenti a famiglie di spicco e la situazione sembra risolta.

Genova nomina tuttavia un commissario civile, Giulio Scribani, che arriva a Triora l’8 giugno 1588. Scribani troverà nel paese altre streghe, accusate di aver gustato il raccolto e di aver ucciso dei bambini. Alla fine della sua indagine manda tutta la documentazione a Genova chiedendo la condanna a morte di quattro donne. La reazione però non è quella che si aspettava Scribani. L’uditore della Repubblica, Serafino Petrozzi, esamina con cura la relazioni di Scribani. Non ci sono prove sugli omicidi se non una presunta confessione, quindi le richieste vengono definite inappropriate. Gli atti vengono nuovamente esaminati da Petrozzi e questa volta il senato genovese acconsente all’esecuzione di cinque accusate. Poco prima dell’esecuzione della condanna arriva il veto dall’inquisitore di Genova. Spetta infatti a all’Inquisizione di Roma decidere in merito alle eresie e alle relative condanne a morte. Tutta la documentazione viene così inviata a Roma e solo dopo un anno arriva la risposta dal Sant Uffizio. Il caso viene chiuso nell’agosto del 1589.

Non ci sono altre documentazioni, molto probabilmente le condanne sono state rievocate vista l’assenza di notizie su eventuali esecuzioni. Scribani invece fu scomunicato per il suo operato anche se solo per poco tempo.